Prima che il gallo canti
Nel corso della nostra esistenza, ci siamo impegnati un enorme numero di volte in ferme risoluzioni, buone intenzioni e propositi di miglioramento delle nostre condizioni. Un enorme numero di volte, non solo qualche rara eccezione. Sorge in noi una emozione, un sentimento positivo che ci spinge ad agire per cambiare in meglio la situazione: seguiamo la corrente emozionale, e ci proponiamo in maniera apparentemente ineludibile di riuscire finalmente a cambiare, a creare, a rinnovare.
Eppure, tutti noi, senza alcuna eccezione, siamo stati e siamo successivamente testimoni di uno stesso processo, che agisce indistintamente per qualsiasi risoluzione e per chiunque. Lo slancio che ci aveva innescato si perde. La risoluzione non è più così ferma come era il giorno prima. Le azioni da compiere non hanno più la priorità che avevano il giorno prima.
Quando l’indomani giunge, le nostre buone intenzioni si scolorano lentamente e progressivamente nella nebbia dell’indomani successivo, fino a scomparire. Oppure, perdono il supporto dell’emozione e ci divengono persino aliene: ma è mai possibile che io abbia deciso tutto questo? E poi, perchè avrei dovuto deciderlo? Ma che mi proponevo di raggiungere?
E così, prima che il gallo canti, noi finiamo per rinnegare noi stessi e le nostre decisioni. In realtà, non è proprio così. E’ anche peggio. In Verità, prima che il gallo canti, noi non siamo più coloro che hanno deciso, ma un’altra cosa. Io non sono colui che ha deciso. Io sono un’altra cosa, che con questa decisione non ha nulla a che spartire. E dunque, io non voglio essere disturbato con queste sciocchezze.
Ma quale io non vuole essere disturbato dall’io che aveva deciso?
Questo meccanismo interiore è la nostra condanna come esseri umani. Questo meccanismo interiore, che viene strategicamente auto-oscurato dalla nostra psicologia per non destabilizzare il nostro equilibrio, è l’artefice primario del nostro permanere nella pozzanghera della vita ordinaria, incapaci di creare per noi stessi una Vita straordinaria, incapaci di Intento e incapaci di Coscienza di Sè: privi di Unità Interiore.
Prima che il gallo canti, noi ci dimentichiamo delle nostre pratiche, delle nostre decisioni, dei nostri impegni. Ci dimentichiamo di creare Silenzio Interiore, ci dimentichiamo degli esercizi che avevamo così fermamente fissato per una specifica ora. Ci dimentichiamo di appuntamenti, obiettivi, motivazioni, della nostra Parola. Prima che il gallo canti, noi ci dimentichiamo di noi stessi.
Fino a quando un essere umano non si accorge in maniera profondamente e penosamente amara del suo rinnegare costantemente sè stesso, del suo decidere e poi non fare, del suo perenne dimenticarsi di sè, non può uscire da questo meccanismo interiore che lo condanna e lo tiene inchiodato sempre nello stesso punto. Finchè non arriviamo a percepire completamente e senza alcun dubbio la nostra personale inconsistenza, siamo in trappola, una delle peggiori. Perchè non è possibile sviluppare la Forza dell’Intento se crediamo di possederla già; non è possibile lavorare per dispiegare la Coscienza di Sè se crediamo di essere già coscienti; e allo stesso modo, non è possibile creare una Personalità Deliberata unificata al servizio della Coscienza, se non realizziamo la nostra incosciente frammentazione in molteplici e conflittuali ‘io’ di desideri e avversioni, che l’Infinito ci aiuti.
Ecco un semplice ma potente esercizio di Lavoro che ci aiuta a scoprire la nostra mancanza di Unità Interiore e il sonno della Coscienza in cui siamo beatamente sprofondati: ovvero, la nostra personale inconsistenza.
Inseriamo dei meccanismi di Sveglia per noi stessi nel tessuto della nostra esistenza. Precisi, ritmici, indubitabili, indimenticabili. Per esempio, ogni giorno x alla tale ora y devo fare una certa azione z. Nulla di eclatante, o di eccessivo. Anzi, più l’azione da compiere è semplice e senza senso, e meglio è.
Questo sarà il gallo che canterà per noi, il nostro pungolo di Sveglia interiore. Seguendo questa Disciplina per un certo intervallo di tempo, se saremo sufficientemente veri e sinceri con noi stessi da attenerci alla realtà dei fatti senza inventarci scuse o varie giustificazioni, una inequivocabile Verità emergerà lentamente alla nostra percezione, palesandosi in tutta la sua chiarezza e in tutta la sua drammaticità.
Avevamo deciso di fare qualcosa, ma non l’abbiamo fatto. Avevamo deciso una pratica, ma non l’abbiamo svolta. Avevamo deciso una azione, ma non l’abbiamo eseguita. Ma non perchè non volevamo, o eravamo stufi. Non solo per quello. La cosa più penosa e più sconvolgente sarà scoprire che ce ne siamo completamente e semplicemente dimenticati. Oppure, che ci siamo completamente dimenticati di ascoltare la Sveglia, o persino di impostarla. Non è così? Quante centinaia di volte ci è già successo?
Ripetere questo esercizio di Lavoro un numero sufficiente di volte ci mostrerà con chiarezza indubitabile qualcosa di penosamente amaro, eppure qualcosa di importanza capitale nel nostro cammino: la realizzazione della nostra personale inconsistenza. Noi non ci siamo. Noi dimentichiamo. Noi ci dimentichiamo di noi stessi e delle nostre decisioni con una rapidità che ha dell’incredibile. Cadiamo in un oblio sonnambolico inerziale con una facilità disarmante. Al punto tale da dimenticare persino di aver messo una Sveglia.
La realizzazione della propria inconsistenza, dell’inconsistenza della propria Personalità Automatica, della fondamentale inesistenza di un qualsiasi ‘io‘, è un evento memorabile e meraviglioso nello sviluppo della Coscienza. Ma occorre essere preparati all’impatto; e questo esercizio di Lavoro ha il pregio di rilasciare lentamente questa Verità alla nostra Attenzione, senza traumi repentini, preparandoci dolcemente all’improvvisa realizzazione.
Il gallo ha cantato. Ma io dove ero?
[..]
Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire». Mentre usciva verso l’atrio, lo vide un’altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». Ma egli negò di nuovo giurando: «Non conosco quell’uomo». Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: «Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!». Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell’uomo!».
E subito un gallo cantò.
Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte».
E uscito all’aperto, pianse amaramente.