Protezione – Raccontarsi la storia
Come si libera in modo protetto e controllato una emozione arginata da un «io» reattivo in noi stessi, in modo che ritorni funzionale al nostro Lavoro di Trasmutazione Interiore?
In genere, come tutti noi possiamo serenamente testimoniare, più è grande il trauma emozionale imbrigliato e incapsulato in un «io» reattivo, più esso si affaccia in modo ciclico ed incontrollato al dominio del Campo di Energia che noi siamo. Inoltre, i pensieri di controllo formulati da noi in stato di bonaccia quando sembra andare tutto bene, non possono nulla contro queste correnti emozionali, quando esse si manifestano per davvero. Provate a controllare un branco di cavalli imbizzarriti con due redini di una carrozza.
Quindi, l’idea, o la pia illusione, che possa bastare il nostro auto-controllo mentale per tenere a bada una emozione di impatto nel momento in cui si innesca davvero va deposta il prima possibile. Ma del resto, l’essere umano naturale non si pone nemmeno il problema di questo impatto, nè si pone il problema delle sue conseguenze sottili e materiali, nè si chiede come sia possibile narcotizzarsi completamente nelle azioni meccaniche e agitate che seguono ed accompagnano questa emozione. L’essere umano naturale crede di essere cosciente e di avere una Volontà, e questa è la firma posta in calce al suo documento di abisso.
Naturalmente, nella loro pragmaticità, le Grandi Tradizioni scoprirono subito questo meccanismo. L’immagine della carrozza, con cui alcune di esse simbolizzano un essere umano, rende perfettamente giustizia alle forze in gioco. Un cavallo imbizzarrito va dove gli pare a lui. Un cavallo la cui potenza viene guidata saggiamente va dove comanda il cocchiere, e può andarci alla stessa potenza erogata dal suo imbizzarrirsi. Ma attenzione: il cocchiere non è ancora il capo della spedizione.
Una emozione reattiva è legata ad una storia. Questo è il primo punto fondamentale da comprendere. L’emozione esiste in noi stessi perché è legata ad una esperienza, ad un fatto personale, ad una storia che abbiamo vissuto; praticamente ognuno di noi, nella età della sua adolescenza e giovinezza, è stato esposto in qualche modo a traumi diretti ed indiretti nei confronti dei quali era del tutto impotente a fronteggiarli e a proteggersi adeguatamente. Questi traumi, queste esperienze, hanno generato in noi emozioni di sofferenza che non vogliamo più provare, mai più. Ma questi traumi non sono nati da nulla: originano da una storia. E’ avvenuto qualcosa di preciso, che li ha innescati ed è stato causa della nostra sofferenza.
Trascorsi mesi, poi anni di silenzioso incapsulamento interiore di questa emozione in un costrutto psicologico di protezione, un essere umano naturale si comporterà nell’unico modo che gli è accessibile in termini di personale Coscienza: tenderà a rimuovere questo evento in ogni modo possibile a livello del suo pensiero, ma sarà condotto inevitabilmente a rivivere ciclicamente ed in modo passivo l’emozione quando esternamente si ricreeranno le condizioni che le sono risonanti. Per questo, quando siamo in bonaccia, la pia illusione del controllo mentale è soltanto letteratura: perchè quando parte l’emozione, si è di nuovo nell’evento rimosso, ma ad un livello molto più diretto ed intenso. Un livello in cui il pensiero non può nulla.
Un Viaggiatore, nel suo personale Cammino, accede lentamente agli eventi traumatici della sua Vita che hanno imbrigliato in lui delle forti emozioni; vi accede, perchè la Coscienza di Sè che sta sviluppando gli permette di investigare con Pazienza e Saggezza il suo mondo interiore. In quel momento, alla Luce degli insegnamenti delle Grandi Tradizioni, di fronte a lui si apre un’altra strada possibile, rispetto a quella che meccanicamente la nostra psicologia prende per difendersi: la strada della liberazione controllata. Una strada che non gli risparmierà per nulla penose realizzazioni, ma che lo porterà lentamente a liberare in modo definitivo una emozione incapsulata dentro di sè che altrimenti lo terrà prigioniero per tutta la Vita.
Ci sono varie possibilità di percorrere questa strada. Una di esse, semplice, che descriveremo qui, è quella del raccontarsi la storia. Dato che una emozione reattiva è tale perchè è nata in risposta ad un evento, raccontarsi la storia dell’evento significa smettere di rimuovere a sè stessi la causa scatenante, e quindi iniziare attivamente il processo di guarigione.
Raccontarsi la storia è uno strumento molto semplice, ma potentissimo, se condotto in modo armonioso. E per farlo, occorre prendere gli stessi strumenti e le stesse precauzioni che utilizziamo nel mantenere attivo il nostro Diario: carta, penna, e osservazione distaccata, il tipo di osservazione che sappiamo ben mettere quando vogliamo studiare qualcosa con Attenzione. E’ assai importante che il nostro raccontarsi la storia avvenga per iscritto: niente parole ad alta voce, niente pensieri che sì, me lo ricordo bene, non mi serve scrivere. Carta, penna, Pazienza, Silenzio, spesso anche una buona dose di coraggio; e la storia che si dipana in nero su bianco di fronte a noi.
Raccontarci per iscritto la storia che ha fatto nascere in noi stessi l’emozione reattiva che ci possiede ciclicamente non deve essere nè un atto di accusa, nè un giudizio di colpa o indegnità. Occorre scrivere soltanto i fatti: ciò che è avvenuto, ciò che abbiamo fatto, ciò che abbiamo provato interiormente, nè più, nè meno. Raccontarsi la storia non è permettere all’«io» reattivo in noi stessi che si è incaricato della nostra protezione di sputare sentenze di colpevolezza o indegnità; nè innescare una guerra interiore tra differenti «io», tra chi vuole la vendetta, e chi cerca soltanto di essere lasciato in pace. Per questo la mettiamo per iscritto, e per questo la riportiamo nella sua spesso cruda semplicità, così come è stata. Non stiamo cercando di avere ragione, ma di liberarci. Non stiamo cercando la vendetta, ma il perdono.
Una volta che la storia è in nero su bianco davanti a noi, il primo passo della nostra guarigione è compiuto. Non sottovalutiamo questo gesto, perchè si tratta di un gesto sacro di grande profondità, e di grande impatto sulla nostra psicologia. Attraverso di esso, ci stiamo assumendo la Responsabilità Totale della nostra guarigione; stiamo innescando l’interruzione della meccanicità che ci possiede; stiamo abbracciando e riconoscendo qualcosa che dentro di noi chiede da sempre di essere finalmente riconosciuto e liberato. Non abbiamo “pensato” alla letteratura della nostra Trasmutazione: abbiamo compiuto un gesto reale, fattivo, pratico in questa direzione. Non sottovalutate mai la potenza di questi gesti.
Ora che ci siamo raccontati la storia, occorre leggerla a noi stessi ad alta voce. Questo è un altro passo fondamentale da compiere verso la nostra guarigione, quando saremo pronti a farlo, perchè riconosce finalmente l’esistenza della causa scatenante della nostra sofferenza. Si tratta di un fatto avvenuto, si tratta di una nostra storia, si tratta di una parte di noi stessi, non di qualcosa di esterno, di sgradevole, da rimuoversi e cancellare ad ogni costo. Leggere ad alta voce la nostra storia significa raccontarsi la storia in un modo che non può essere più filtrato dall’«io» reattivo incaricato della sua protezione; significa riconoscere in piena coscienza ciò che è avvenuto, come evento reale, non nella nebbia evanescente della Mente di Superficie.
Per ora ci fermiamo qui. Abbiamo messo molti elementi al Fuoco della nostra Attenzione, lasciamo che essi decantino. Nei prossimi documenti descriveremo come usare saggiamente il racconto della nostra storia per la nostra lenta e progressiva guarigione.
Un’ultima raccomandazione: dentro di noi possono esserci demoni agganciati ad emozioni di storie molto traumatiche. Non partite dal raccontarvi la storia che li ha generati. Non partite mai dai demoni più forti e profondi: quelli sono le sfide dei Viaggiatori di lungo, lungo corso. Iniziate con le storie più accessibili: nella vostra Meditazione, sarà l’Infinito che vi mostrerà quali esse sono.