L’attaccamento è cibo dei Demoni
L’Essenza di ogni essere umano, ciò che rende vivo ed in perenne divenire il suo esistere, è il desiderio di progresso. Di perfezionamento. Di miglioramento. E’ l’anelito insopprimibile che ognuno di noi sente in sè stesso, al di là del genere, della razza, della provenienza, della collocazione familiare e/o sociale.
Ma il fatto energetico che questo anelito esista, non implica in conseguenza che sia patrimonio di Coscienza di chi ne è portatore. Ovvero, se non ne sono divenuto cosciente, questo anelito per me non esiste. Anche se mi chiama da sempre con voce sommessa. Anche se mi invita a prendere strade differenti. Anche se mi incita a dare sempre la risposta più alta. Anche se non smette mai, non smette mai, di mostrarmi ciò che è Bene, e ciò che non è Bene per niente.
La Tradizione esprime differenti punti di vista in relazione al fatto energetico del desiderio del perenne perfezionamento deposto in seme nell’Anima umana. Ognuno di questi punti di vista è sempre espressione peculiare e personale del Vettore, del Messaggero, che li ha trasposti in forma materiale, o manifestati attraverso le proprie opere. Fino a quando il Vettore esprime direttamente e personalmente il suo Messaggio, il rischio di fraintendimenti è minimo. Ma quando il Vettore si sposta altrove, tutto ciò che ha detto può cominciare ad essere interpretato. E qui possono iniziare a crearsi degli inconvenienti.
Per esempio, esplorando il senso del «desiderio» attraverso il canone della Tradizione Buddhista, esiste il rischio di creare in sè stessi una visione piuttosto ristretta di questo fenomeno naturale; l’unico «desiderio» che in qualche modo alcuni praticanti e devoti buddhisti accettano è il desiderio di non avere desideri, perchè, secondo una interpretazione della Seconda Nobile Verità del Buddha, la radice di ogni sofferenza è il desiderio.
Ma affermare questo, equivale ad affermare che il desiderio del perenne perfezionamento che è intrinseco dell’Anima umana è la radice di condizioni spiacevoli; e per questa ragione, un Viaggiatore si guarda bene dal permettersi di coltivare pensieri come questo, che conducono in luoghi interiori assai pericolosi. La radice di ogni sofferenza in un essere umano non è il desiderio, ma l’attaccamento o l’avversione ad una qualsiasi cosa, che sia essa un desiderio, una persona o una condizione. Questa è l’Essenza del messaggio. Questa è l’Essenza del distacco. Questo è quello su cui un Viaggiatore pone intensamente la propria Attenzione. Non è il desiderio in sè, ma l’attaccamento o l’avversione a generare interiore sofferenza.
Non appena sorge un fenomeno, la Mente di Superficie – se lasciata agire in modo incosciente – effettua istantaneamente una manovra: ci si attacca per avidità, o se ne allontana per avversione. Chi determina l’avidità o l’avversione? Il modo in cui la nostra Personalità Automatica si è costruita, sulla scia delle cose che abbiamo imparato meccanicamente ad apprezzare e condannare, abbracciare o rifiutare, accogliere o allontanare, ecc.
Attraverso questo meccanismo, abbiamo generato una infinita schiera di attaccamenti e avversioni dentro di noi. Ci siamo attaccati al nostro lavoro, al nostro partner, alla nostra dieta, al nostro schieramento politico, alle nostre idee religiose, ai nostri idoli e squadre sportive, alla nostra condizione economica e sociale, persino al nostro luogo di vacanza, in cui siamo capaci di tornare per decenni anche se ne siamo diventati completamente stufi. Perchè questo avviene? Per cercare di mantenere il più possibile permanente qualcosa che permanente non può essere per definizione.
Noi ci attacchiamo alle cose per controllarle e in un certo senso preservarle il più possibile immobili, allo stesso modo, così come sono adesso o sono state in passato. Questo è uno dei motivi per cui l’attaccamento è la radice della sofferenza: non è possibile trattenere niente nel regno della Materia, perchè la Materia ci cambia tra le dita e davanti agli occhi, scorre, si muove, si modifica per rinascere in una nuova forma: cioè a dire, è soggetta alla Legge dell’Impermanenza. Ci attacchiamo alle cose, ma le cose cambiano, vanno in una strada che a noi non piacerebbe, o modificano persino il loro stato: e non riusciamo ad impedirlo. E con le persone, è più che mai la stessa cosa. Ecco da dove nasce una grande parte della sensazione di Dukkha che si agita dentro di noi: se cominciamo a guardare la nostra Vita con un minimo di Coscienza e di onestà, subito questi elementi emergono al nostro Focus. Non è il desiderio in sè, ma l’attaccamento o l’avversione ad allontanarci dalla Serenità e dalla Pace interiori.
Quando l’attaccamento ad una credenza, e l’avversione per un altro modo di essere e di vivere, sono applicati alla religione, diventano cibo di Demoni molto potenti, e la causa di quell’incredibile miriade di morti per guerre e azioni violente perpetrate da secoli tra esseri umani. Ovviamente, la proporzione in scala di un enorme numero di individui che alimenta uno stesso attaccamento genera in conseguenza una Forma su piani sottili che se ne nutre, come qualsiasi essere umano un minimo consapevole sa bene. Quello che accade su scala umanità è purtroppo – e spesso – incontrollabile sia nella generazione delle cause, sia nelle conseguenze, visto il numero di incoscienti coinvolti, e visto che sono cinquemila anni di storia in cui non facciamo altro che ucciderci a vicenda perchè la pensiamo in modo differente. Quello che è invece controllabile, quello che è invece suprema e Totale Responsabilità di un Viaggiatore, è intervenire nel suo proprio mondo interiore. Perchè è nel suo proprio mondo interiore che un Viaggiatore ha piena e totale autorità; è nel suo proprio mondo interiore che un Viaggiatore deve liberarsi. Ma non dal desiderio in sè, che è soltanto un riflesso opaco dell’Intento; la liberazione passa dal lasciare andare attaccamento e avversione.
Siamo pronti ad accettare che un’altra qualsiasi persona abbia le sue proprie credenze, senza per questo voler imporgli le nostre arrivando persino alla violenza? Questa è solo apparentemente una domanda retorica. Come ci relazioniamo con i nostri parenti? E nel nostro condominio? Nel luogo di lavoro? Con i nostri conoscenti? Basta andare per qualche decina di minuti allo stadio per una partita di calcio, o basta leggere i commenti dei lettori alle news politiche e sportive, per renderci conto che in realtà siamo tutti così attaccati alle nostre idee di giusto/sbagliato da divenire violenti e prevaricatori sia nel modo di condividerle, sia nel modo di recepirle dagli altri. Violenti persino al punto di uccidere, che Dio Infinito Benedetto ci perdoni, come da millenni non facciamo altro che fare gli uni con gli altri.
Un Viaggiatore ha una priorità assoluta, che riguarda soltanto sè stesso e nessun altro. Alimentare, sostenere, rinforzare, il Fuoco Segreto e Silenzioso del perenne perfezionamento deposto in seme nella sua Anima. E a tal fine, vede gli avvenimenti all’esterno come Specchio del suo mondo interiore che deve ancora andare a pulire, purificare, liberare. Non si può lavorare su attaccamenti e avversioni meccaniche esterne alimentate da migliaia o persino milioni di individui; ma si può usare lo Specchio che questi attaccamenti e avversioni ci mostrano – con le grandi sofferenze che da esse derivano – per lavorare interiormente al fine di liberare sè stessi da ciò che imprigiona e crea sofferenza. Liberarsi non già del «desiderio» di essere e vivere in modo migliore, in un mondo migliore, più sano, più creativo, più ricco, più funzionale al Piano di Dio; ma liberarsi lentamente, con Coscienza, nutrendo la nostra Consapevolezza, dall’attaccamento e dall’avversione; perchè sono l’attaccamento e l’avversione la causa e la prigione della nostra sofferenza, che ci incatena senza fine a persone, luoghi, cose, situazioni e stati interiori.
Sciogliere i miei attaccamenti
lasciare andare le mie avversioni
rispettare ed onorare ogni espressione della Vita
come me stesso/a
amarmi ed accettarmi proprio
per l’intima unicità di ciò che Io·Sono.
E’ così difficile?
A giudicare dagli innumerevoli morti
che continuiamo a piangere,
sì.